Tor Pignattara

I Miti

I miti, si sa, li fa la televisione. E quando non c’era la televisione non c’erano miti ? Ovviamente c’erano, e molto più coinvolgenti di quelli di ora, perché tutti accedevano alle stesse poche informazioni: se una canzone veniva trasmessa per radio (o, poi, dall’unico canale televisivo), l’indomani tutti la conoscevano e, se era bella, la canticchiavano.

Ecco alcuni dei miti principali:

La Roma e la Lazio: discussioni infinite, sfottò, litigi, ma non c’era l’ariaccia del tifo di oggi. Io mi annoiavo mortalmente in queste discussioni, cosicché, non appena cominciai a capire qualcosa di calcio, decisi che sarei stato della Juventus: era indiscutibilmente una brava squadra, ma soprattutto era la più fotogenica nei cinegiornali di allora in bianco e nero. Il ciclismo: soprattutto Coppi (Bartali oramai “era vecchio”), poi Magni, Nencini, Bobet, Koblet, e tanti altri le cui facce erano immortalate nelle figurine che circolavano tra ragazzini. Una volta riuscii a convincere mio padre a portarmi a veder passare il Giro d’Italia. Ribot, il cavallo prodigio. Avevo un compagno di banco che aveva il padre che lavorava alle Capannelle e (il mio compagno) si vantava di averlo cavalcato. Cinecittà e il mondo del cinema. Cinecittà era a due passi (dall’altra parte dell’aeroporto, ci si poteva andare per campi per dove ora è la Subaugusta). Tanti del quartiere lavoravano come comparse e succedeva di vederli al cinema coi sandaloni e la tunica vestiti da antichi romani. L’esplosione avvenne con “Marcellino pane e vino”, un lacrimosissimo film spagnolo con protagonista l’attore-bambino Pablito Calvo: il successo del film fece esplodere le iniziative di ricerca di bambini “volti nuovi” per il cinema, la maggior parte delle quali probabilmente fraudolenti. Erano poche le mamme che non avevano almeno un Marcellino da proporre per la gloria (vedi il film “Bellissima” con Anna Magnani, uscito qualche anno prima, sulla stessa sindrome). Le canzoni. Non solo italiane, ma anche napoletane; pochissime straniere (americane o francesi). Spesso dalle canzoni di successo si ricavavano film (Maruzzella, Guaglione,…) L’America e gli Americani. L’amore per l’America penso fosse soprattutto un sottoprodotto del cinema americano, che, almeno quello fino ad allora, era il più grande apporto culturale degli Stati Uniti alla cultura occidentale. E poi il jazz, il boogie woogie (il ritmo e il ballo che precedette il rock and roll) e la cultura della libertà, oltre ovviamente ai soldi. Questi a mio avviso sono stati i veri baluardi al nostro restare in occidente, forse più che il cattolicesimo. Stalin e i Russi. La Russia e il suo capo di allora erano visti come un mitico regno della giustizia e soprattutto dell’eguaglianza. Per qualsiasi cosa in cui si intravedeva una ingiustizia o un sopruso, si diceva “Adda venì baffone” (ha da venire, cioè deve venire), facendo riferimento ai folti mustacchi di Stalin. Ma provate a confrontare i film di Eisenstein proiettati nella casa del popolo con quelli di Humphrey Bogart o Rita Hayworth proiettati nel cinema California che gli stava accanto. Mussolini. Per qualcuno allora, lì, era una parolaccia. Quelli che avevano simpatie “nostalgiche” ne parlavano a mezza bocca, appunto da nostalgici, ma senza speranza. C’erano invece un certo numero di monarchici e un circolo monarchico con i bigliardini (lo ricordo molto poco, forse era al Quadraro). I partigiani. Nella borgata c’era stata una forte resistenza durante l’occupazione nazista. Ma questi partigiani erano ben diversi da quelli del nord. A Centocelle non c’erano montagne e in certi periodi, verso la fine, fu l’intero quartiere a diventare off limits per tedeschi e fascisti. Ricordiamo che gli americani entrarono in Roma proprio dalla Casilina e dall’Appia. Er gobbo der Quarticciolo. Il più noto “guerrigliero” partigiano locale. Era un ragazzo calabrese di neanche 18 anni, diventato capo-banda di una banda di giovani, un po’ partigiani e un po’ malavitosi. Fu poi catturato dai tedeschi che però non lo uccisero (lui che aveva ucciso diversi soldati tedeschi), si dice per le delazioni che fece. Fu poi ucciso misteriosamente all’inizio del 45, poco dopo che la sua banda aveva ucciso un soldato inglese. C’è una storia della mia famiglia, legata al gobbo. Nel 44 mio padre era a Brescia[6] e a Torpignattara erano rimaste le due sorelle (una di 20 anni) e la madre malata (sarebbe morta di li a poco). Queste dovettero dividere la casa con una famiglia di sfollati che erano familiari di uno della banda del gobbo. Finita l’emergenza questi ospiti, invece di andarsene, cercarono di “allargarsi” e spadroneggiare. Dopo l’ultimo sopruso le mie due zie fecero un tale casino che tutto il caseggiato (il “millevani”) scese giù e gli intrusi se ne dovettero andare.

6 Dopo i fatti di porta S.Paolo e l’occupazione tedesca, mio padre aveva atteso invano per alcuni giorni che partisse la rivolta (era molto legato a un suo collega anziano anarchico), senza andare al lavoro. Si era poi dovuto trasferire col suo ufficio (la Cassa Depositi e Prestiti) a Brescia, pena la perdita del posto. Voglio ricordare che il governo e i ministeri, dopo la costituzione della Repubblica Sociale, si trasferirono in varie località vicine al lago di Garda (col centro a Salò), poiché Roma era considerata difficilmente difendibile. Ci vollero invece ben nove mesi perché le truppe anglo-americane, sbarcate a Salerno (10 Settembre 1943), dopo la cacciata dei tedeschi da parte della popolazione di Napoli (fine Settembre 43), facessero il tragitto Napoli-Roma. La Repubblica di Salò invece durò circa un anno e mezzo