La campagna della vecchietta

Sotto la finestra della mia stanza c’era un campo coltivato, circa 200 metri per 50. Era di proprietà di una signora anziana e sola che chiamavano “la vecchietta” e che abitava in un palazzetto ad una estremità del campo. Il campo era quasi tutto coltivato a grano, a parte davanti al palazzetto, dove c’era un orto e degli alberi da frutta. Ricordo i lavori nei campi, fatti da gente di fuori. Il periodo dell’aratura era il mio preferito: veniva un tizio con l’aratro e due buoi e arava tutto il campo. Oggi nessun ragazzo ha mai visto un aratro a trazione animale, ma allora era una cosa comune, tanto che la parola “aratro” era una delle prime che ti insegnavano sul sillabario e sulla moneta da 10 lire, allora forse la più comune, c’era un aratro su un lato e una spiga sull’altro (e invece che a testa o croce, come si faceva con le monete del regno dove la testa era quella del re e la croce quella dello stemma di Savoia, si giocava, modernamente, a “spiga o aratro”). Poi c’era la raccolta, fatta con la falce e la trebbiatura, con una grossa macchina scoppiettante, unica “modernità”.

C’era un continuo conflitto tra i ragazzi della borgata e la vecchietta. I primi entravano nel campo per riprendere un pallone, per “rubare” un po’ di frutta o semplicemente per prenderla in giro (canticchiando “Al ladro padrò – ve stanno a rubà”) e la vecchietta li rincorreva con una roncola e gli sguinzagliava i cani.

Mia madre aveva simpatia per la vecchietta e ogni tanto gli mandava il pane vecchio per le galline; ogni volta la vecchietta si lamentava “di quei delinquenti”.

Nel 55-56 la campagna della vecchietta venne espropriata e ci fu un lungo periodo in cui non si sapeva che cosa ne avrebbero fatto. Intanto era diventata una enorme discarica del terreno di risulta e del materiale edilizio di scarto dei tanti cantieri della zona. Per mesi centinaia di camion al giorno accumularono detriti formando una lunga collinetta alta una decina di metri.

Per noi ragazzini (io ero oramai “grande” – avevo 6 o 7 anni – e potevo godere dei privilegi dell’età, cioè potevo andare a giocarci) era una pacchia. Avevamo formato delle “bande”, ognuna aveva costruito, con i mattoni e la malta scaricati, un fortino (finalmente potevo fare il muratore con i mattoni veri e non con le costruzioni) e poi si faceva la guerra, a distruggere le fortificazioni degli altri.

Con le piogge si erano poi formate delle enormi pozzanghere, profonde anche più di mezzo metro. I ragazzi più ardimentosi (e più grandi) costruivano delle “barche” con legno e vecchi copertoni e ci navigavano. Ricordo due fratelli che “affondarono” e li salvarono degli operai di passaggio: poi sapemmo che si erano presi la polmonite.

C’erano poi delle baracchette dove andavano i più grandi e “delinquenti” e si diceva di cose truci. Ogni tanto si vedeva qualche “signorina” che andava alle baracchette.

Il lato più a est della campagna fu occupato nella bella stagione, da circhi che si alternavano.

Bisogna descrivere come era un circo, parente povero dei circhi equestri “seri”.

Un circo era un’area circolare chiusa da una gradinata fatta con tavole di legno che formavano la platea (i posti più costosi avevano i cuscini e in certi casi pure le sedie). Non c’era il tendone (il circo era all’aperto), al più c’erano delle recinzioni per ridurre i “portoghesi”. C’erano degli alti pali che sostenevano i trapezi per gli acrobati. La cosa più importante erano gli altoparlanti, con la musica.

Gli “artisti” erano polivalenti, cioè un acrobata era anche pagliaccio e faceva più numeri; inoltre tutti collaboravano a montare e smontare il circo; erano tutti, a parte rare eccezioni, membri della stessa famiglia. Tipicamente erano 5 o 6 persone, compresi i bambini che lavoravano dai tre anni in su, più, a volte, qualche “guest star”; mai, in tutto, più di una decina di persone. Ricordo un ragazzino, Topolino, di circa 7~8 anni, che era la mascotte e una delle principali attrazioni di uno di questi circhi.

Animali in genere non ce ne erano, al più cavalli spelacchiati. Qualcuno aveva un elefante o un cammello che faceva girare per il quartiere la mattina, per pubblicità. Una volta sola ce ne fu uno che aveva una tigre e quindi il domatore, ma quel circo aveva anche il tendone, anche se tutto bucherellato.

Il circo era molto economico, costava meno del cinema (40~100 lire) e c’erano riduzioni per i bambini. Quando c’era, ci andavamo quasi tutte le sere.